Dicono di noi / Uno spot? Meglio un commento sui social

Corriere della sera.it

Uno spot? Meglio un commento sui social

NUOVA PUBBLICITA’ – LA RICERCA DEL POLITECNICO DI MILANO

Otto milioni di italiani orientano gli acquisti sui social altri 15 milioni credono alle recensioni di blog e forum

MILANO – Sorpresa: ci sono 8 milioni di italiani che cambiano idea su un prodotto o un servizio che stanno per acquistare lasciandosi convincere da quel che gli altri dicono e scrivono, su Facebook, nei loro blog, su Twitter, nelle community. E ve ne sono altri 15 milioni che, cosa ancor più rara, dicono di fidarsi di quel che blogger e commentatori dichiarano online. A meravigliare ancora di più, arrivano poi i dati di alcune categorie di prodotti: la fiducia maggiore si registra in settori chiave come il cibo per bambini, ma anche gli alimenti per la salute, terreni di forte impatto, emotivo e in termini di sicurezza d’uso. E questo accade anche perché, a differenza del passato, in rete si va per condividere le proprie informazioni, positive o negative che esse siano. Dunque, accanto ai messaggi di denuncia, cresce la voglia di comunicare anche le impressioni positive e i casi virtuosi.

LA RICERCA – Sono questi solo alcuni dei dati emersi dall’ultima ricerca italiana, presentata questa settimana dal Politecnico di Milano e da Mimesi (gruppo Reed Business Information) su «La pubblicità che non si vede», svolta su un campione di quasi 1200 italiani tra i 18 e i 65 anni. La cui idea iniziale è partita da questo ragionamento: se i social media (blog, forum e community, Facebook, Twitter) sono stati in grado in molti casi di mobilitare e modificare l’opinione pubblica, cosa accade invece al processo di acquisto di un qualsiasi bene?

MULTICANALE – E proprio per rispondere a questa domanda, è stato analizzato il comportamento degli utenti alla ricerca di informazioni precise su un dato oggetto o servizio prima di acquistarlo. La cosa che più sorprende è quanto, rispetto al passato, gli utenti siano diventati «multicanale»: per farsi un’idea prima di andare in negozio, continuano a consultare i media tradizionali (guardano gli spot tv, ascoltano la radio, leggono i giornali) ma di pari passo svolgono la loro ricerca anche in Rete. Ed è qui che accade il miracolo: perché nel web non cercano solo una conferma a una opinione già consolidata, ma leggono e si informano per farsene una, spesso opposta.

FIDUCIA – L’attenzione è molto alta, non a caso il 40 per cento del campione si definisce «estremamente scrupoloso» nella consultazione. Nel capire come mai la fiducia sia così alta nei siti personali e nelle opinioni della comunità online, espressi anche su Facebook o Twitter, l’imparzialità gioca un ruolo preponderante. Come conferma il professore di marketing del Polimi Lucio Lamberti, tra i coordinatori della ricerca, «i vari mezzi hanno prerogative diverse: a blog e community viene associata un’altissima affidabilità perché a differenza dei media di massa (e della pubblicità) e dei siti delle aziende, sono considerati fonti imparziali, in molti casi estremamente competenti, tutti elementi che insieme costruiscono la fiducia».

CONDIVIDERE, COME AL BAR – Rispetto al passato poi, la ricerca mette l’accento sulla voglia di condivisione e di dare una propria opinione su tutto. «Prima si comunicavano solo le esperienze negative, oggi si condividono sia le notizie negative sia quelle positive, perché si percepisce il valore del dare una informazione: la propensione alla condivisione di fatti positivi è molto alta nel 26,7 per cento dei casi, mentre quella dei fatti negativi è alta nel 25,3%», spiega Lamberti. E continua: «Dare la notizia, condividere l’informazione è diventato un valore in sé. Siamo tutti microrecensori».

FIDUCIA DEL WEB – E siamo altrettanto pronti a sapere cosa gli altri hanno da dire: un utente italiano su tre dichiara di esser molto d’accordo con l’affermazione «mi interessa sapere il giudizio di altri clienti sul prodotto che potrei acquistare». Il 50 per cento del campione dichiara di sentire fiducia sulle opinioni in rete. Ma in fondo, è un po’ quel che avviene al bar, quando chiacchierando con amici, conoscenti o estranei ci lasciamo convincere delle loro opinioni. D’altronde, come lo stesso professore conferma: «I social network sono l’espressione di un bisogno spontaneo dell’individuo abilitato dalla tecnologia. Sono una spinta assolutamente ingenua, un bisogno ormai radicato e abilitato». Che, come ogni abitudine ormai radicata, potrà trasformarsi, ma non sparire.

Autore: Eva Perasso