Dicono di noi / L’appello anti-crisi degli editori

Il Sole 24 Ore

L’appello anti-crisi degli editori

LETTERA APERTA AL FUTURO GOVERNO

Le priorità su cui intervenire: fisco, tutela del copyright, distribuzione e formazione LA FLESSIONE Fra 2008 e 2012 gli investimenti pubblicitari hanno lasciato sul terreno un miliardo di euro fra quotidiani e periodici.

«Noi editori consideriamo la tutela della libertà di stampa e la diffusione delle notizie una funzione pubblica e insieme un’attività d’impresa che va salvata, perché essenziale alla vita democratica del Paese». Più chiaro e diretto di così non poteva essere l’inizio della lettera aperta che la Fieg, la Federazione degli editori italiani, “invia” al Parlamento e al futuro Governo che usciranno dalla tornata elettorale del 24-25 febbraio.

Parole che vogliono chiarire il ruolo, importantissimo per la società, ma anche tutta la consapevolezza del difficile momento che la stampa italiana sta attraversando. I numeri sono una cartina di tornasole impietosa. Fra quotidiano e periodici ci sono oltre 1,1 miliardi di euro di investimenti pubblicitari andati in fumo nel confronto fra 2008 e 2012. Le ultime stime della Fieg, ferme a settembre e su un campione di 50 testate, indicano poi un decremento dei ricavi da vendita del 4 per cento. I dati Audipress e Ads – con un calo dei lettori della stampa quotidiana del 5,1% nel terzo trimestre del 2012 e segni meno diffusi un po’ dappertutto, tranne qualche eccezione, nelle vendite a dicembre – concludono un quadro nel quale sono dipinte anche tutte le sfide che gli editori hanno davanti. Sfide che essenzialmente partono da Internet, dai giornali digitali, dal passaggio sempre più spinto delle notizie dalla carta a computer e tablet. Ma alla Politica, con la P maiuscola, la Fieg chiede ora risposte «concrete e lungimiranti», per gli «oltre 22 milioni di persone che ogni giorno leggono quotidiani; quasi 33 milioni di lettori di periodici; sei milioni di utenti dei siti web dei quotidiani».

No a sovvenzioni, sì a incentivi fiscali
È in questo contesto che si pone quello che è un appello, da parte della Fieg ai prossimi Governo e Parlamento, a mettere mano, e con urgenza, ai nodi strutturali del settore. Con una prima, importantissima precisazione: il rifiuto «di interventi a pioggia e distribuzione indiscriminata di risorse». Se però il settore ha bisogno di ossigeno, anche perché piegato da una crisi economica che si è scagliata forte sugli investimenti pubblicitari, dagli editori parte la richiesta di «un intervento pubblico sul fronte della domanda, circoscritto e ben delineato, indispensabile per superare l’emergenza e tutelare davvero il pluralismo». L’idea più immediata è quella di «incentivi fiscali per favorire la ripresa degli investimenti pubblicitari e per diffondere la lettura dei giornali fra i giovani». Il tutto grazie a quello che viene ritenuto un meccanismo automatico di facile applicazione e senza intermediazioni, e cioè il credito d’imposta a favore degli investitori pubblicitari.

Diritto d’autore
Gli accordi di Google con editori belgi o francesi, per esempio, sono solo la punta dell’iceberg di una partita importantissima, ma senz’altro anche spinosa, che gli editori e il settore tutto giocano sulla tutela del prodotto. Un match forse decisivo, visto che «libertà di stampa e pluralismo sono possibili solo con imprese editrici autonome ed economicamente sane». Dalla Fieg però l’invito ad agire su questo punto, fatto alla politica, parte da un j’accuse: «Le aziende editrici italiane non hanno mai trovato nelle politiche pubbliche sufficiente interesse per la protezione di chi produce contenuti editoriali di qualità e per la salvaguardia di tutte quelle risorse – economiche umane e tecniche – indispensabili alla loro realizzazione». Nella pratica, su questo fronte gli editori italiani si sono già mossi, per esempio, con il Repertorio Promopress, iniziativa per la gestione del diritto d’autore nelle rassegne stampa. Nei fatti si tratta di un accordo con sei aziende che forniscono rassegne stampa e l’invito ai soggetti (il pensiero va a ministeri e Pa) a interrompere, se non espressamente autorizzati, la pubblicazione. Governo, ministero dell’Economia e ministero del Lavoro sono fra quelli che hanno adempiuto. Da Camera e Senato era stata richiesta una proroga a fine anno (l’accordo Promopress è di luglio 2012), ma ancora le pubblicazioni non sono state interrotte. Resta intanto aperta la pratica legata al disegno di legge concorrenza, affossato dalla fine anticipata del Governo Monti. All’interno è contenuta una modifica del diritto d’autore indirizzata a mettere paletti all’uso indiscriminato sul web di contenuti giornalistici. Come? Prevedendo la necessità di un accordo fra le parti o, in alternativa, un intervento dell’Agcom. La richiesta che parte dalla Fieg è evidentemente quella di mettere mano il prima possibile alla materia.

Distribuzione
Su questo fronte c’è tutto il quadro normativo ancora zoppicante che deriva dal «salva Italia» targato Monti che ha avviato un processo di liberalizzazione delle edicole che si scontra con alcuni buchi normativi. Un processo quella della liberalizzazione e modernizzazione della distribuzione «che potrà essere valutato al suo completarsi – si legge nella lettera della Fieg – e a cui gli editori hanno risposto con un preciso impegno per l’informatizzazione della distribuzione e delle edicole». La partita in questo caso si gioca di più nel rapporto fra gli operatori, editori ed edicolanti in primis. Solo due sigle – la Felsa-Cisl e la Fenagi-Confesercenti – hanno chiuso l’accordo con la Fieg per la dimiciliazione degli abbonamenti in edicola con un aggio del 10 per cento. C’è però l’obiettivo, su cui a Governo e Parlamento è chiesto di intervenire «di offrire una nuova rete al Paese che si traduca in un servizio più efficiente per i cittadini – ad esempio garantendo loro una scelta più ampia in termini di orari di apertura delle rivendite – e in un elemento di chiarezza su vendite e rese

[…]

Andrea Biondi